Descrizione
Già nel X secolo San Vito appare come sede di un castello abitato e come centro di un proprio territorio, sotto Ta signoria del monastero di San Zeno. Il castello viene in seguito progressivamente abbandonato come luogo di abitazione, assumendo sempre di più una funzione militare al servizio del signore e diventando poi, alla fine del XII secolo, una semplice proprietà del monastero. Questo, già nel 1014, si vede confermata la giurisdizione sul castello di San Vito dall’imperatore Enrico II, mentre settant’anni più tardi Enrico IV dona al monastero gli uomini liberi (arimanni) abitanti nel castello di San Vito e nel suo territorio, con i diritti giurisdizionali completi. È il momento di massima potenza della signoria di San Zeno: gli abitanti devono giurare fedeltà, manutenere curiam... et castrum, chiedere il consenso del vilicus dell’abate (amministratore locale dei beni di San Zeno) per l’elezione del vilicus comunis che è a capo del Comune rurale. Ad ogni rinnovo della carica, all’abate vanno corrisposti 3 capponi e 3 galline. Tutto il territorio di San Vito obbedisce a una regula, cioè a una serie di norme consuetudinarie con cui sono disciplinate le principali attività della comunità: spetta all’abate la prima regolamentazione dei beni comuni e l’accertamento di abusi. Nel gennaio del 1200 un gruppo di abitanti di Roselle (anche Roselle, pur facendo parte del distretto di San Vito, era sede di un castello: probabilmente un luogo fortificato a disposizione degli abitanti stessi) giura fedeltà in quanto uomini liberi, cioè soggetti solo alla giurisdizione del signore e non suoi servi. Nel corso dei primi decenni del Duecento la signoria di San Zeno su San Vito sembra dissolversi anche in seguito alle lotte interne al Comune di Verona: a più riprese terre e castello sono concessi in locazione a rappresentanti della fazione dei Conti o a quella opposta dei Monticoli, finché nel 1234, con la mediazione di Rodolfino de Cagabisis, il castello viene assegnato in locazione perpetua al Comune di San Vito. I vari contratti di locazione e vendita di questo periodo permettono di avere un’idea della consistenza economica dei beni di San Zeno a San Vito: sono circa una trentina di appezzamenti, alcuni molto estesi, comprendenti la chiesa e il castello, non più abitato, ma cinto da mura, in parte diroccato, da fratae (muretti di difesa) e da terre coltivate a cereali, vite e olivo. Vi sono poi la possessione di Roselle, un’altra sotto il castello in località Roka o Rocoli, la casa padronale presso la chiesa, il brolo con vivarium, terra a prato con salici ed altri alberi anche ornamentali, ii mansus, cioè il podere di cui era dotata ogni chiesa, circondato da ogni lato dalla strada comune e dal Progno, e infine il mulino.